Biografia di |
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Emilio Salgari "Scrivere è viaggiare senza la seccatura dei bagagli." "Il sole non era per anco tramontato, ma le tenebre cominciavano di già a scendere, come se fossero impazienti di celare la lotta accanita che si combatteva in cielo ed in terra." I suoi libri |
Emilio Carlo Giuseppe Maria Salgàri (Verona, 21 agosto 1862 - Torino, 25 aprile 1911) è stato uno scrittore italiano di
romanzi d'avventura molto popolari.
Ciclo dei pirati della Malesia
Autore straordinariamente prolifico, è ricordato soprattutto per essere il "padre" di Sandokan, del ciclo dei pirati della Malesia e quello
dei corsari delle Antille.
Scrisse anche romanzi storici, come "Cartagine in fiamme", e diverse storie fantastiche, come
"Le meraviglie del Duemila"
in cui prefigura la società attuale a distanza di un secolo, un romanzo scientifico precursore della fantascienza in Italia.
Molte sue opere hanno avuto trasposizioni cinematografiche e televisive.
Nacque a Verona da madre veneziana, Luigia Gradara, e padre veronese, Luigi Salgari, commerciante di tessuti presso Porta Borsari a Verona e
fu battezzato il 7 settembre nella chiesa di S. Eufemia.
Crebbe poi in Valpolicella, nel comune di Negrar, in frazione Tomenighe di Sotto, poi abbandonata per trasferirsi nell'attuale
"Ca' Salgàri".
A partire dal 1878 studiò poi al Regio Istituto Tecnico e Nautico "Paolo Sarpi" di Venezia, ma non arrivò mai ad essere capitano di marina
come avrebbe voluto.
Abbandonati gli studi al secondo corso nel 1881 tornò a Verona per intraprendere l'attività giornalistica.
Salgari esordì come scrittore nelle appendici dei giornali.
La sua prima opera pubblicata fu un racconto, "I selvaggi della Papuasia",
scritto all'età di vent'anni e pubblicato in quattro puntate sul settimanale milanese "La Valigia" e firmato con la sigla S.E.
Nel 1883, tra il 15 settembre e il 12 ottobre, pubblicò a puntate sul giornale veronese "La nuova Arena" il romanzo "Tay-See" (riedito poi
in volume col titolo "La Rosa del Dong-Giang" nel 1897), quindi sullo stesso giornale il romanzo "La tigre della Malesia" (riedito
come "Le tigri di Mompracem"), che riscosse un notevole successo, ma non ne ebbe alcun ritorno
economico significativo, seguito a breve distanza da "La favorita del Mahdi" (1883-1884), scritto otto anni prima.
Sempre nel 1883 divenne redattore del giornale stesso.
Svolse un'intensa attività con gli pseudonimi Ammiragliador ed Emilius.
Due anni dopo diventò redattore de L'Arena.
Il 25 settembre 1885 arrivò anche a sfidare a duello un collega del quotidiano rivale L'Adige.
Nel 1887 morì la madre, mentre il 27 novembre 1889 vi fu il suicidio del padre: credendosi malato di una malattia incurabile, Luigi
Salgari si gettò dalla finestra della casa di alcuni parenti.
Qualche anno dopo, il 30 gennaio 1892, Emilio sposò Ida Peruzzi, un'attrice di teatro. Dopo la nascita della figlia primogenita Fatima, i Salgari
decisero di trasferirsi in Piemonte, dove Emilio aveva trovato un contratto con l'editore Speirani.
Stabilitisi inizialmente a Ivrea nel 1894, vissero poi nella quiete canavesana delle case di piazza Pinelli a Cuorgnè e della vicina Alpette.
Dal 1898 la famiglia si trasferì definitivamente in corso Casale 205 a Torino.
Da qui Salgari poteva facilmente raggiungere in tram la biblioteca
civica centrale, dove trovava mappe e racconti di viaggi esotici che costituivano la base e lo spunto per le sue storie.
Tra il 1892 e il 1898 pubblicò circa una trentina di opere.
Nel solo triennio 1894-1896, sempre con Speirani, pubblicò ben cinque titoli:
• "Il tesoro del presidente del Paraguay",
• "Le novelle marinaresche di Mastro Catrame",
• "Il re della montagna",
• "Attraverso l'Atlantico in pallone"
• "I naufragatori dell'Oregon".
Il motivo di tutto questo lavoro erano i debiti che Salgari continuava ad accumulare, e infatti nel 1896 lo scrittore firmò un altro
contratto con l'editore genovese Donath e nel 1906 anche con il torinese Bemporad.
Il 3 aprile 1897, su proposta della regina d'Italia Margherita di Savoia, Salgari venne insignito dalla Real Casa del titolo di
"Cavaliere dell'Ordine della Corona d'Italia".
Ciononostante la sua situazione economica non migliorò, anzi a partire dal 1903 - quando la moglie iniziò a dare segni di follia - si
moltiplicarono i debiti che fu costretto a contrarre per poter pagare le cure.
Nel 1910 la salute mentale della donna peggiorò ulteriormente e nel 1911 dovette entrare in manicomio.
I contratti obbligarono Salgàri a scrivere tre libri l'anno e per mantenere quei ritmi fu costretto a scrivere tre pagine al giorno.
A causa del conseguente stress, scriveva fumando un centinaio di sigarette al giorno e beveva un bicchiere di vino marsala dopo l'altro.
Inoltre, dirigeva contemporaneamente un periodico di viaggi.
Più che un problema di sottocompensi in proporzione alla mole di lavoro il suo
esaurimento nervoso fu dovuto soprattutto alla fatica e alla stanchezza.
Non solo non guadagnava, ma non era nemmeno considerato dai circoli letterari dell'epoca, ultimo smacco alla sua dignità.
All'amico pittore Gamba scriveva nel 1909: «La professione dello scrittore dovrebbe essere piena di soddisfazioni morali e materiali.
Io invece sono inchiodato al mio tavolo per molte ore al giorno ed alcune delle notte, e quando riposo sono in biblioteca per
documentarmi. Debbo scrivere a tutto vapore cartelle su cartelle, e subito spedire agli editori, senza aver avuto il tempo di
rileggere e correggere.»
Finché i suoi nervi non cedettero. A ciò si aggiunse la nostalgia della moglie, ricoverata da mesi in manicomio.
Stressato e umiliato, rimase da solo e con i figli da accudire.
Sempre più depresso, nel 1909 tentò per la prima volta il suicidio, gettandosi sopra una spada, ma venne salvato in tempo dalla
figlia Fatima.
Infine, la tragedia: la mattina di martedì 25 aprile del 1911 Salgàri lasciò sul tavolo tre lettere e uscì dalla sua casa prendendo
il suo solito tram con in tasca un rasoio.
Li avvertiva poi dove avrebbero potuto trovare il suo cadavere, ovvero in uno dei "burroncelli" del bosco di Val San Martino, sopra
la chiesetta della Madonna del Pilone, la zona collinare che sovrasta il corso Casale di Torino, dove con la famiglia andava
solitamente a fare i pic-nic; la zona esatta è quella del parco di Villa Rey, nei pressi dell'omonimo ex campeggio cittadino.
Ma a trovarlo morto non furono i figli, bensì Luigia Quirico, una lavandaia ventiseienne che era andata nel bosco per fare legna.
Salgàri deve la sua popolarità a un'impressionante produzione romanzesca, con ottanta opere (più di 200 considerando anche i racconti)
distinte in vari cicli avventurosi, che vanno a costruire svariati universi narrativi e innumerevoli personaggi (tra cui alcuni di grande
successo, come "Sandokan", "Yanez de Gomera" e "Il Corsaro Nero"), tutti di originale creazione dello scrittore, tranne che in un caso.
Il romanzo del 1896 (ristampato in volume nel 1911) "I predoni del gran deserto", infatti, fu scritto come seguito di un'opera altrui
(Vita eccentrica di Vincenzina Ghirardi Fabiani).
Generalmente i personaggi salgariani risultano inseriti in un accurato contesto storico; la ricostruzione delle informazioni riguardanti le
vicende istituzionali dei paesi da lui descritti non si limita, ad esempio, alla figura di James Brooke, il raja bianco di Sarawak.
Seri studi condotti dalla storica olandese Bianca Maria Gerlich (i cui lavori sono stati pubblicati da autorevoli riviste scientifiche
quali Archipel nei Paesi Bassi e, in Italia, Oriente Moderno) hanno infatti permesso di ricostruire le fonti storiche e geografiche lette e
utilizzate nelle biblioteche di Verona dal grande scrittore di romanzi d'avventura.
Salgàri
stesso pubblicò con vari pseudonimi numerose opere, spinto da motivazioni diverse, la più nota delle quali fu l'urgenza di aggirare
la clausola contrattuale di esclusiva che lo teneva legato all'editore Donath.
Tuttavia per lo stesso Donath pubblicò, sotto lo pseudonimo di Enrico Bertolini, tre romanzi nonché diversi racconti e testi di vario
genere; in questo caso si sarebbe trattato di una precauzione utilizzata quando, incalzato da contratti e scadenze, lo scrittore usava
più del dovuto elementi tratti da opere altrui (come nel caso di "Le caverne dei diamanti", una libera versione del romanzo
"Le miniere di re Salomone" di Henry Rider Haggard).
Qui di seguito una parte della sua vasta produzione letteraria, nelle versioni originali.
Fonti: Wikipedia, biografieonline.it
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"La tigre della Malesia", La Nuova Arena, 1883, 1884, Poi "Le tigri di Mompracem", Genova, Donath, 1900.
"Le tigri di Mompracem", illustrazione di Alberto Della Valle (1900)
"Gli strangolatori del Gange", Il Telefono, 10 gennaio-15 aprile 1887.
Poi "I misteri della jungla nera", Genova, Donath, 1895.
"I pirati della Malesia", Genova, Donath, 1896.
"Le due tigri" , Genova, Donath, 1904.
"Il Re del Mare", Genova, Donath, 1906.
"Alla conquista di un impero", Genova, Donath, 1907.
"Sandokan alla riscossa", Firenze, Bemporad, 1907.
"La riconquista di Mompracem", Firenze, Bemporad, 1908.
"Il bramino dell'Assam", Firenze, Bemporad, 1911.
"La caduta di un impero", Firenze, Bemporad, 1911.
"La rivincita di Yanez", Firenze, Bemporad, 1913.
Ciclo dei corsari delle Antille
"Il Corsaro Nero" , Genova, Donath, 1898.
"La regina dei Caraibi", Genova, Donath, 1901.
"Jolanda, la figlia del Corsaro Nero" , Genova, Donath, 1905.
"Il figlio del Corsaro Rosso", Firenze, Bemporad, 1908.