"Rischi di star bene" di Massimo Citro
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"RISCHI DI STAR BENE"se curi le intolleranze alimentari Autore Massimo Citro 15,68 invece di 16,50 euro |
«Ogni essere umano è un'immensità racchiusa in un corpo: è impensabile omologare un sistema di cura per tutti.
Esiste il malato, prima della malattia.»
Massimo Citro
Hai mai notato una correlazione tra i tuoi dolori e quello che mangi?
Tra la tua emicrania e il formaggio?
Ti sei mai chiesto se la tua allergia ai pollini dipenda in realtà da qualche intolleranza alimentare?
Questo libro aiuta a scoprire la vera causa di moltissime malattie negli alimenti ai quali si può essere intolleranti e racconta come le
intolleranze possono essere diagnosticate e curate.
Da più di trent'anni in Germania è stato sviluppato un metodo d'indagine che consente d'individuare con certezza quali alimenti non sono tollerati.
Si tratta di un test per risonanza, che si fonda sulla relazione tra le frequenze elettromagnetiche emesse dall'alimento e quelle del corpo umano.
Metodo perfezionato dal medico italiano Massimo Citro, il cui nuovo approccio scientifico ha permesso a migliaia di pazienti di migliorare la
propria qualità di vita, semplicemente curando le intolleranze.
Dalla trentennale esperienza di questo medico, finalmente un libro del tutto nuovo che, in maniera divertente e ironica, ma rigorosamente
scientifica, racconta i trucchi del mestiere, i segreti dell'arte e tutta la verità che si deve sapere sulle intolleranze alimentari.
Un libro per i medici, per i pazienti, e per tutti coloro che intendono approfondire la relazione tra alimenti e salute.
Qui di seguito alcune frasi interessanti e significative dal libro:
[..] "Gli antichi già lo sapevano, poi nei secoli venne dimenticato. Sapevano che certe malattie sono condizionate da certi alimenti.
Pensate che il primo a scrivere sulle intolleranze alimentari, per averle osservate, fu proprio Ippocrate, il padre della Medicina occidentale,
nel IV secolo a.C. In un trafiletto dei suoi scritti esordisce, infatti, con l'umiltà del grande medico che sa osservare ed è sempre pronto a
imparare:
«Non so per quale motivo» scrive Ippocrate «ma ho notato che se dalla dieta degli asmatici e degli eczematosi togliamo il latte, il formaggio, le focacce,
la birra, i pazienti migliorano o addirittura guariscono.» Aveva visto giusto, l'aveva intuito. Aveva osservato che alcuni individui non tollerano certi
alimenti mentre altri invece li possono consumare senza alcun danno.
«Lascia che il cibo sia la tua medicina e che la tua medicina sia il cibo» scrive.
Sapeva osservare, qualità ormai rara nella più moderna classe medica, più avvezza a seguire impersonali e deresponsabilizzanti protocolli.
Voglio ricordarlo soprattutto ai giovani medici, ai neolaureati: sappiate sempre osservare, soffermatevi sul paziente che avete davanti,
esaminatelo, non lasciatevi sfuggire elementi all'apparenza insignificanti ma in realtà fondamentali.
Ascoltate ogni parola, quel che dice e quel che non dice. Scandagliatelo nei dettagli, il paziente, guardate come si muove, come parla, come si siede:
se in punta di sedia o se vi sprofonda, se quella sedia l'afferra prima di sedersi o se parlando si espande sulla vostra scrivania.
Tenete conto di quale sedia sceglie. Osservate ogni sua espressione, ogni gesto, dalle mani fino alla punta dei piedi. Egli vi sta parlando.
Soffermatevi sui toni di voce, cercate sul viso i segni della malattia, di qualche organo malato, e fate la stessa cosa sulle mani e in qualsiasi
altra parte del corpo. Egli è un libro aperto per voi. Osservate i segni della malattia sul suo viso, nelle rughe, nell'espressione, nel colore.
Controllate ogni parte di quel corpo. Annusatelo, visitatelo con calma e con attenzione quasi ossessiva, soprattutto gli organi più infingardi,
come il cuore, la mammella, poiché dovete scovare dove si nasconde il male.
Fare una diagnosi è come un'indagine di polizia, è appassionante poiché vi trovate sul luogo di un delitto e non avete ancora idea di che cosa sia
successo né tantomeno del colpevole. Lo dovete cercare, ogni indizio può essere importante e non dovete tralasciare niente.
Soprattutto non lasciate andare il paziente senza essere addivenuti a una diagnosi, o almeno a un sospetto di diagnosi. Non fatevi prendere
dall'ansia di prescrivere, non consigliate una terapia senza prima aver capito di che cosa si tratta, non cercate di curare quel che non sapete,
quel che ancora non conoscete. Le cure alla cieca, oltre a non darvi soddisfazione e a produrre danno, vi faranno fare una pessima figura.
Non dovete tralasciare nulla. Se la diagnosi sembra fatta, ma anche un solo particolare fra tanti non rientra, rivedete tutto daccapo: da qualche
parte avete di sicuro sbagliato.
E vi dirò di più: studiate pure a memoria i protocolli, del resto gli esami universitari li dovrete pur superare. Ma non fatevi mai ingabbiare il
cervello: usatelo! Ragionate, osservate, cercate di entrare in quel paziente, in quel malato, non tanto nella malattia in genere.
Ogni paziente è un mondo a sé e, più che i protocolli, serve la vostra grandezza d'animo. La ricchezza del sapere, dell'intuire, del compatire,
del pensare in grande. Questo farà di voi un medico e non un burocrate da protocollo.
Allargate l'orizzonte delle vostre conoscenze a tutto campo, espandete la sensibilità nell'Arte, nella Storia, nella Filosofia, nella Letteratura,
in tutto quel che possa aiutarvi a comprendere e a sentire l'universo umano che avete di fronte. Non abbiate timore di uscire dal seminato degli
studi universitari. La Medicina è una scienza umanistica, prima che scientifica.
Homo sum, humani nihil a me alienum puto, scriveva il poeta latino Publio Terenzio Afro: «Sono uomo e tutto quel che è umano m'interessa».
Le intolleranze non sono atti di fede richiesti al paziente, come certi colleghi pretenderebbero nell'inutile tentativo di denigrarle. Sono frutto di
osservazione. Basta osservarli, i pazienti, prima e dopo la cura.
Se hanno sofferto per quarant'anni, ad esempio, d'insopportabili e continue emicranie, vagando da uno specialista all'altro, da un centro cefalee
all'altro per tutta la penisola, assumendo tonnellate di medicinali, e poi si toglie loro quel dato alimento e tutto, quasi per magia, in pochi
mesi o settimane scompare, beh, allora non si può negare che sia successo qualcosa. Un rapporto di causa-effetto c'è, anche se potrebbe apparire
troppo semplice. Si tratta di esercitare il cervello e di essere intellettualmente onesti.