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Asclepeion, il tempio di guarigione




Asclepio (Esculapio), il dio della medicina

Asclepio, che i Romani conobbero col nome di Esculapio, nell'antica Grecia era il dio della medicina. Figlio di Apollo e di Coronide, fu affidato dal padre al centauro Chirone che gli insegnò l'arte medica. Avendo poi osato richiamare in vita i morti, fu fulminato da Zeus.
Le origini del culto di Asclepio si fondono tra mitologia e mistero. E' probabile che mettano radici in un culto ctonio (sotterraneo) più antico, legato alla Madre Terra e ai suoi innumerevoli "spiriti".
Chi li sapeva gestire era il mago sapiente che riservava le proprie conoscenze (o interpretazioni della Natura) a pochi eletti (cerchia di iniziati).
Gli attributi di Asclepio erano il bastone, il rotolo di libro, il fascio di papaveri, ma soprattutto il serpente; secondo una leggenda un serpente gli avrebbe portato l'erba miracolosa che servì per risuscitare Ippolito, il figlio di Teseo, e dopo la sua morte Asclepio e il serpente furono posti in cielo, raffigurati nelle costellazione di Ofiuco o Serpentario e del Serpente.
Di rito si sacrificava a lui il gallo, che gli era sacro, perché, come il gallo annuncia il nuovo giorno, così Esculapio ridà la vita e rinnova e continua i giorni a chi fu malato.
Ogni cinque anni, sette giorni dopo le Istmiche, si celebravano feste in onore del dio, chiamate grandi Asclepiee.
La moglie di Asclepio era Salute e la sua sacerdotessa era Panacea, "colei che tutto guarisce".
Asclepio in Grecia, Esculapio a Roma, dio patrono della medicina, non appartiene alla schiera degli dèi prettamente olimpici. Non è chiaro se in origine fosse una divinità sotterranea (ossia demoniaca) della Tracia oppure, analogamente a quanto successo con Imhotep in Egitto, un uomo realmente vissuto che per le benemerenze acquisite nel guarire le malattie sia stato in seguito divinizzato.
Secondo Pindaro, Asclepio era stato generato da Apollo nel grembo di Coronide, figlia di Flegia, re dei Tessali, allorchè Coronide, prima di aver partorito, s'innamorò di un comune mortale di nome Ischi. Apollo, furioso per il tradimento, fece trafiggere l'infedele da Artemide con una delle sue frecce infallibili. Quando però la salma di Coronide si stava già consumando nelle fiamme del rogo, Apollo le strappò dal grembo il frutto del loro amore, Asclepio.


Secondo Esiodo, invece, la madre sarebbe stata Arsinoe, una delle figlie di Leucippo.
Salvato il figlio, Apollo lo affida al centauro Chirone, che lo alleverà e lo istruirà nella medicina.
Si racconta che, a ricordo della sua nascita fra le fiamme, un alone di luce avrebbe circondato il corpo del ragazzo, suscitando lo sgomento dei rozzi pastori vaganti sul monte Pelio, regno di Chirone.
Da adulto, Asclepio, a differenza di tanti altri eroi educati da Chirone, non sceglie il mestiere delle armi, ma mette a profitto le lezioni di Chirone per alleviare le sofferenze del genere umano.
La leggenda narra che Asclepio avrebbe guarito dalla pazzia le Pretidi, dalla cecità i Fineidi, dalle ferite Ercole.
Ma poi cresce la sua ambizione: vuole sconfiggere la morte che sovrasta la vita. Si mette a risuscitare i morti: Orione, Capaneo, Ippolito, Tindareo ed altri.
Con ciò, però, sorpassa la misura imposta da Zeus ai mortali, crea uno squilibrio, e Zeus lo fulmina.
La fine del figlio suscitò però la collera di Apollo: in un impeto di rabbia uccise i Ciclopi, che avevano forgiato le folgori di Zeus, e poi abbandonò per molto tempo l'Olimpo.
Il primo luogo di culto di Asclepio era una grotta presso Tricca, dove sotto il simbolo del suo attributo principale, il serpente, dava oracoli.
Poi il culto si estese ad Epidauro, che ne doveva diventare il centro principale, a Coo, ad Atene e a tutto il mondo ellenico.
A lui furono dedicate le feste Asclepiee o Asclepiadee; a lui fece risalire la propria origine la gente degli Asclepiadi, che esercitarono tutti l'arte medica, fra i quali lo stesso Ippocrate, il più famoso medico dell'antichità.

I santuari dedicati ad Asclepio, i cosiddetti Asclepiei, erano costituiti da una fonte o un pozzo, circondati da un bosco sacro, e dalla clinica, chiamata adyton.
Si conosce poco sulla prassi medica seguita in quei luoghi, anche a causa dei misteri che la circondavano.
I malati passavano una notte nell'adyton; dopo un sogno, ottenuto probabilmente con mezzi artificiali, seguiva la guarigione.
Essa però sicuramente non era effetto della potenza taumaturgica del luogo sacro o soltanto frutto della suggestione, ma anche di interventi chirurgici e di medicine propinate.
Dalla moglie Lampezia - secondo altri, da Epiona - Asclepio avrebbe avuto quattro figlie (Igea, cui furono dedicati altari, quale personificazione della salute; Panacea, che guariva tutte le malattie; Iaso, la quale, invece, le provocava; Egle, che fu ritenuta madre delle Grazie) e due figli (Macaone, che fu ucciso da Euripilo all'assedio di Troia, e Podalirio che, per la sua singolare perizia medica, fu fatto signore del Chersoneso e ascritto nel novero degli dei).
All'inizio, Asclepio venne raffigurato giovane e imberbe, ma poi si passò a rappresentarlo come un uomo nel pieno vigore, il viso circondato da una folta barba e soffuso di un'espressione di mitezza e bontà. I suoi attributi sono lo scettro, la verga e il rotolo di libro.
Gli erano sacri il serpente che lambisce le ferite e, per lo stesso motivo, il cane e le ochEsculapio Sacro gli era anche il gallo, simbolo del giorno e della vita che rinascono.
Con una sublime identificazione della morte con la guarigione dal male della vita, Socrate morente, come ci riferisce Platone nel Fedone, pregò gli amici che si sacrificasse un gallo ad Asclepio: "E già la parte inferiore del ventre veniva ormai raffreddandosi, quando si scoperse il volto che già era stato coperto e disse ancora queste parole (le ultime da lui pronunciate):
"0 Critone, dobbiamo un gallo ad Asclepio; dateglielo, e cercate di non dimenticarvene".

In Roma il culto di Asclepio-Esculapio fu introdotto ufficialmente dopo la pestilenza del 293 a. C. Allora si consultarono i libri sibillini, i quali diedero come responso che la peste sarebbe scomparsa soltanto se fosse venuto Asclepio da Epidauro.
Il Senato mandò dunque una legazione, ma quelli di Epidauro erano incerti sulla decisione da prendere.
Nella notte, però, Asclepio apparve al capo della legazione romana, assicurandolo che il giorno dopo sarebbe partito con lui. E difatti, quando i legati si furono raccolti nel tempio del dio, un serpente uscì da un sotterraneo e li seguì fin sulla nave per venire in Italia.
Quando, al termine del viaggio, la nave, risalendo il Tevere, giunse all'altezza dell'isola Tiberina, il serpente abbandonò la nave e si rifugiò su quell'isoletta.
Interpretando il fenomeno come desiderio di Asclepio che colà dovesse sorgere il suo santuario romano, il Senato romano lo fece costruire nel punto dell'isola Tiberina dove oggi si trova la chiesa di S. Bartolomeo.
All'interno della cella ci sarebbe una statua di Asclepio che sarebbe stata inserita dopo lo sviluppo del tempio, probabilmente intorno al 370 a.C. Si ipotizza che Trasimede di Paros sia l'autore della statua.
Pausania ci descrive questa opera mostrandoci che in essa apparve un cane e la testa di un serpente; inoltre, il dio apparirebbe seduto su un trono.
Animale sacro al dio è il cane, che custodì Asclepio infante esposto sul monte Titthione, nella variante epidauria del mito, accreditata in ambiente attico.

I cani erano tenuti regolarmente negli Aslklepieia, con l'ipotesi che essi potessero essere usati con funzione di custodi e di guaridiani del tesoro.
Al cane viene attribuito il presentimento delle epidemie, il riconoscere la salubrità dell'aria e dei pozzi, nonché delle erbe capaci di guarire.
In due iscrizioni sulla stele di Epidauro, il cani viene rappresentato con il ruolo di guaritore come il serpente, e anche molte credenze popolari supportano il potere teraputico della lingua dei cani per la guarigione delle piaghe.
Secondo Karol Kerenyi, il cane e il serpente, animali con qualità curative, vanno considerati simboli al confine del mondo sotterraneo nell'ambito della guarigione legata all'incubatio, segnanti il passaggio tra l'oscurità e la luce.
Kerenyi, ungherese di nascita, è stato uno tra i più illustri interpreti del pensiero mitologico e filosofico antico, e tra i più autorevoli storici delle religioni classiche.
Tra le sue opere ricordiamo, pubblicate da Bollati Boringhieri:
• "Prolegomeni allo studio scientifico della mitologia (2012) con C. G. Jung,
• "Figli del sole" (2014),
• "Nel labirinto" (2016).

da wikipedia - Mitologia Greca
Asclepio o Esculapio (Asklepiós) è un personaggio della mitologia greca.
Figlio di Apollo e di Arsinoe secondo Esiodo, oppure di Apollo e Coronide per Pindaro, è un semidio e dunque uomo mortale per Omero, si diceva fosse stato istruito nella medicina dal centauro Chirone, o che avesse ereditato tale proprietà dal padre Apollo. Divenne poi il dio della medicina, al pari di suo padre, ed era una divinità molto adorata dal popolo, in quanto benevola con gl'infermi; la costellazione dell'Ofiuco rappresenta il suo mito.
In Grecia, Asclepio veniva venerato come il dio della medicina, delle guarigioni e dei serpenti. Molti riferimenti ad Asclepio sono stati ritrovati anche in ambito "occulto": la sua capacità di riportare in vita i morti lo rendeva difatti anche il dio invocato dai negromanti.
Il suo culto aveva il suo centro a Epidauro, ma era onorato anche a Pergamo.
Secondo il mito, Apollo si innamorò di Coronide mentre ella faceva il bagno in un lago. I due consumarono la loro passione, poi il dio andò via, lasciando un corvo a guardia della ragazza; in quei tempi, i corvi erano di colore bianco.
Coronide decise di sposarsi con Ischi, e il corvo, quando li vide assieme, volò da Apollo per riferire.
Quando scoprì che Coronide era incinta, il dio decise di punire il corvo tramutandogli le piume da bianche in nere, poiché non aveva allontanato Ischi da Coronide. Artemide uccise Coronide trafiggendola con un dardo, per vendicare il fratello disonorato.
Apollo, però, decise di salvare il piccolo che Coronide aveva in grembo e chiese al fratello Ermes di prenderlo dal corpo della madre. Apollo decise di dare al piccolo il nome di Asclepio (noto anche col nome di Esculapio).
Secondo il mito, il semidio Asclepio ricevette dalla dea Atena il dono di cambiare il suo sangue con quello di Medusa la Gorgone.
Da allora il sangue che sgorgava dalle vene del suo fianco sinistro era velenoso e portatore di sventure, ma quello del fianco destro aveva il potere di guarire qualsiasi malattia e persino di fare risorgere i morti. Ciò fece arrabbiare sia Zeus che Ade, poiché l'afflusso dei morti dell'oltretomba diminuiva.
Secondo una variante del mito, Asclepio inventò una tecnica di guarigione che gli permetteva di guarire ogni tipo di ferita ed ogni tipo di malattia facendo addirittura risorgere i morti.
Proprio per questi poteri simili a quelli di un negromante, ovvero guarire i mali, riportare in vita i morti e garantire una vita straordinariamente lunga, Zeus decise di fulminarlo perché temeva che il particolare potere che Asclepio condivideva con gli uomini avrebbe potuto minacciare la fede negli dei, annullando di fatto la sostanziale differenza fra divinità e uomini, ovvero l'immortalità.
Apollo, però, si sentì oltraggiato per il trattamento severo riservato a suo figlio e si vendicò uccidendo i tre Ciclopi che forgiavano le folgori di Zeus.
Per placare Apollo, Zeus rese Asclepio immortale facendolo diventare un "dio minore" (date le circostanze non era certo possibile riportarlo in vita), tramutandolo nella costellazione di Ofiuco, e quindi Asclepio, che era nato come semidio, divenne un dio sotto forma di costellazione.

Già nell'Iliade gli si attribuiscono due figli:




 

Macaone, che combatté a Troia e fu ucciso da Euripilo;
Podalirio, medico: per la sua singolare perizia medica, fu fatto signore del Chersoneso e ascritto nel novero degli dei.
Telesforo, dio della convalescenza.

In stadi posteriori della leggenda gli si attribuisce una moglie (Epione, o Lampezia) da cui Asclepio ebbe sei figlie:








 

Igea, la salute;
Panacea, la personificazione della guarigione universale e onnipotente, ottenuta per mezzo delle piante;
Iaso, la personificazione della guarigione; il suo nome, infatti, deriva dal potere di guarigione, o di guaritore, che possedeva il padre;
Acheso, che sovrintendeva al processo di guarigione;
Egle, madre delle Grazie;
Meditrina, la guaritrice.

I nomi delle figlie sono tutti collegati al concetto di "buona salute".

Asclepio divenne così bravo nell'arte medica che riuscì anche a risuscitare i morti, come fece con Ippolito, con l'aiuto di Artemide.
Nell'antica Grecia si pensava che bastasse dormire in un santuario consacrato ad Asclepio per guarire da ogni malattia.
In ogni tempio c'era almeno un serpente, che proveniva dal santuario di Asclepio ad Epidauro, in quanto si credeva che fossero animali sacri per la divinità, poiché simbolo del rinnovamento.
Uccidere un serpente di un tempio di Asclepio era considerato un grande sacrilegio.


Il bastone di Asclepio spesso viene confuso con il Caduceo di Ermes, e spesso tale bastone viene nominato "Caduceo".
Asclepio infatti viene spesso raffigurato con in mano un bastone sacro che porta il suo nome ed è il simbolo internazionale del soccorso medico.
Secondo il mito il bastone di Asclepio aveva poteri terapeutici ed era capace di guarire ogni tipo di malattia.
Il serpente rappresenta il potere guaritivo del dio, simboleggiato dalla muta del rettile che richiama un'eterna rinascita.

Asclepio in Grecia
In Grecia, per ringraziare di una guarigione Asclepio, si era soliti sacrificare un gallo. Tale animale infatti, era considerato il migliore e più gradito alla Divinità.
Un esempio di questa pratica lo troviamo nel Fedone di Platone, il celebre dialogo che riporta la morte di Socrate. Quest'ultimo, prima di morire, chiede che venga sacrificato un gallo ad Asclepio. Il motivo di tale richiesta rimane tuttora fonte di dibattito.

Esculapio a Roma
Esculapio è l'adattamento latino (Aesculapius) del nome greco Asklepios, ma si tratta dello stesso dio.
Il suo culto fu introdotto a Roma sull'Isola Tiberina nel 291 a.C.
Vi fu introdotto per ordine dei Libri sibillini in seguito all'epidemia del 293 a. C. (Liv., X, 47; Plinio, Nat. Hist., XXIX, 16). La tradizione vuole che in quell'anno la popolazione della città fosse colpita dalla pestEsculapio Dopo aver consultato i Libri sibillini, il Senato romano decise di costruire un tempio dedicato al dio, e a questo scopo fu inviata una delegazione ad Epidauro per ottenere la statua del dio.
Al ritorno, mentre la barca che trasportava la statua risaliva il Tevere, un serpente, simbolo del dio, sceso dall'imbarcazione, nuotò verso l'isola Tiberina. L'evento fu interpretato come volontà del dio di scegliere il luogo dove sarebbe sorto il suo tempio, che sull'isola fu costruito.
Nel ventunesimo secolo sull'isola sorge uno degli ospedali più importanti d'Europa, il San Giovanni Calibita Fatebenefratelli.
I santuari dedicati ad Asclepio, i cosiddetti Asclepiei, erano costituiti da una fonte o un pozzo, circondati da un bosco sacro, e dalla clinica, chiamata adyton.
Sappiamo poco sulla prassi medica seguita in quei luoghi, anche a causa dei misteri che la circondavano.
I malati passavano una notte nell'adyton; dopo un sogno, ottenuto probabilmente con mezzi artificiali, seguiva la guarigione.
Essa però sicuramente non era effetto della potenza taumaturgica del luogo sacro o soltanto frutto della suggestione, ma anche di interventi chirurgici e di medicine propinate.






da www.treccani.it/enciclopedia/esculapio

ESCULAPIO di Alessandro OLIVIERI - Nicola Turchi - Enciclopedia Italiana (1932)

ESCULAPIO - Divinità in origine di carattere ctonio (sotterraneo), posta poi dal mito in stretta relazione con Apollo. Patrono della medicina.

Il mito e il culto di Esculapio in Grecia. - Pindaro (Pyth., III, i segg.), ispiratosi certo alle Eoie esiodee, narra con vivi colori la leggenda di Asclepio, figlio di Apollo e Coronide, la quale per essersi data a uno straniero fu per vendetta del dio geloso trafitta da Artemide a Laceria.
Ma Apollo sottrasse il corpo del figlio dal grembo della madre, allorché già bruciava sul rogo, e lo affidò al centauro Chirone, che gl'insegnò l'arte medica. Avendo poi Esculapio osato richiamare in vita un morto, fu fulminato da Giove.

Il nome dato da Pindaro alla madre è il più comune. C'è però chi dice (v. Esiodo, fr. 87) che egli nascesse da Arsinoe, una delle figlie di Leucippo.
Il nome stesso di Coronide, ravvicinato a "cornacchia", è già ritenuto simbolo della salute, ché questo uccello ha vita lunghissima e ama le alture e l'aria fresca dei monti.
In origine Esculapio è, come si è detto, un dio sotterraneo, uno spirito della terra, che impartisce oracoli in una cerchia illimitata; ne è prova specialmente il suo attributo principale, il serpente.
Più tardi diviene l'oracoleggiante per eccellenza, ma nel campo medico, a cui Apollo lo destina e in cui limita la sua azione.

È il medico degli ammalati; ma è anche il presidio dei sani. Strana è la notizia di Apollodoro (III, 10, 3) che del sangue della Gorgone, avuto da Atena, egli facesse doppio uso: di quello scorso dalle vene di sinistra si servisse per lo sterminio dell'umanità, di quello dalle vene di destra per la salvezza. Secondo la leggenda guarì, fra l'altro, la pazzia delle Pretidi, la cecità dei Fineidi, le ferite di Ercole e di Ificle; risuscitò da morte Orione, Capaneo, Ippolito, Tindareo, Imeneo.

Era la natura che innanzi tutto doveva esercitare il suo benefico effetto sugli ammalati, onde i santuarî, o meglio sanatorî, di Esculapio sorgevano su alture e colli dove l'aria fosse pura e i raggi del sole non troppo acuti.
Nei sanatorî di Epidauro, di Coo, di Tricca, che erano i principali, ma anche in quelli minori, a Lebena e a Roma, come dimostrano gli scavi, si tramandava ai posteri per mezzo d'iscrizioni il ricordo delle più famose guarigioni.
Al tempo di Pausania esistevano ancora del sanatorio di Epidauro sei tavole o colonne di epigrafi, ma si sapeva che una volta ce n'era stato un numero molto maggiore.

Recentemente furono scoperte due delle tavole marmoree (cfr. P. Kavvadias, Atene 1900), ma esse non ci illuminano molto sulla prassi medica.
E facile intendere la ragione; un mistero impenetrabile circondava l'abaton o la clinica, in cui si eseguivano le cure. Poi queste dovevano essere, per quanto possibile, spogliate dall'azione materiale, perché avessero maggiormente l'apparenza di miracolo.
Parte essenziale ne era l'incubazione cioè i malati pernottavano nella clinica e guarivano dopo aver fatto un sogno.
Ma, a nostro parere, sarebbe strano e assurdo pensare che quei sanatorî fossero semplici luoghi di grazia, come oggi Lourdes e Pompei.
Infatti in molte esposizioni epigrafiche di quei sogni, in quella del Pluto di Aristofane, che descrive la guarigione del dio della ricchezza dalla cecità, si ravvisano operazioni chirurgiche e applicazioni medicinali (cfr. Pindaro, loc. cit.) realmente eseguite da sacerdoti medici, non puri casi di suggestione (sonnambulismo, magnetismo, ipnotismo).
Il sonno doveva essere ottenuto artificialmente, né doveva servire unicamente a trucchi e frodi sacerdotali.
Si pensi che a questi sanatorî d'indole ieratica, che durarono a lungo e fecero concorrenza ai sanatorî profani, non ricorreva solo il popolo superstizioso; ma uomini colti, come il tragico Aristarco, il comico Teopompo, il filosofo Crantore, ne richiesero l'assistenza e la salvezza.
Dunque alla loro prassi medica non si deve togliere ogni fiducia. L'antichità ci tramanda che il più grande medico greco, Ippocrate, perfezionò la sua cultura valendosi anche di essa, anzi da essa attinse segreti per la sua arte.
A Roma l'officiatura era "graeco ritu"; e il rito caratteristico che vi si praticava era quello dell'incubazione, ossia del dormire sdraiato sotto i portici aspettando il sogno rivelatore del dio. Il sacerdozio addetto al santuario era in possesso di ricette empiriche a base di cenere, miele, vino e sangue di un gallo bianco, l'animale caro al dio.
I Romani erano soliti esporre nel portico i loro schiavi malati, cui l'imperatore Claudio concesse in caso di guarigione la libertà (Suet., Claud., 25).
I beneficati dal dio attestavano la loro gratitudine:
1. con iscrizioni gratulatorie: se ne possiedono oltre venti latine (Corp. Inscr. Lat., VI, 1-20, 30842-46) nelle quali però non è narrato, come era uso nelle lunghe epigrafi trovate entro i santuarî greci, la causa della malattia, il sogno rivelatore e la guarigione ottenuta.
Una sola di questo genere, ma greca, proviene dal santuario dell'isola, dedicata da un tal Caio, colpito da cecità;
2. con doni votivi (donaria) di terracotta, pietra, marmo, argento, raffiguranti le membra guarite o qualche animale sacrificale.
In Roma Esculapio aveva per paredra Salus, pari alla greca Igea. Il suo culto durò fino agli ultimi tempi del paganesimo; il luogo rimase anche in tempi cristiani dedicato all'arte salutare.

Iconografia e architettura dedicata a Asclepio



Vedi scheda "Tempio di Asclepio a Epidauro"





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Bibl.: Preller-Robert, Griechische Mythologie, I, 4ª ed., Berlino 1894, p. 514 segg.; Esculapio Thraemer, in Roscher, Lexikon der griech. u. röm. Myth., I, col. 615 segg. e in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., II, col. 1642 segg.; G. G. Porro, Asclepio, Milano 1911; A. P. Aravantinos, Lipsia 1907; A. Castiglioni, Storia della medicina, Milano 1927, pp. 123-130.
Per le iscrizioni del santuario di Epidauro v. Dittenberger, Sylloge inscriptionum graecarum, III, 3ª ed., pp. 310 segg., 1168-70; e U. v. Wilamowitz, in Hermes, XIX, p. 449; id., Isyllos von Epidauros, in Philolog. Unters., IX, Berlino 1886, p. 31 segg.; Zacher, in Hermes, XXI, p. 467; H. Diels, ibid., XXIII, pag. 286; F. Buecheler, in Rhein. Mus., XXXIX, p. 620; J. Baunack, in Philologus, LIV, p. 21, ecc.; cfr. N. Festa, in Atene e Roma, III (1900), n. 13, ecc.; R. Herzog, Die Wunderheilungen von Epidauros, Lipsia 1931.
Per la prassi medica degli Asclepiei v. Vercoutre, La médecine sacerdotale dans l'antiquité grecque, in Revue Arch., 1885, II, p. 273 segg.; 1886, I, pp. 22 segg., 106; C. Du Prel, Mystik der alten Griechen, Lipsia 1888; O. Weinreich, Antike Heilungswunder, in Religionsghesch. Versuchungen und Vorarb., VIII, i, Giessen 1909; L. Deubner, De incubatione, Lipsia 1900, app. I-II. Per il culto di Esculapio in Roma v.: M. Besnier, L'île Tibérine dans l'antiquité, Parigi 1902, pp. 133-244; A. Bartoli, Una notizia di Plinio relativa all'introduzione in Roma del culto di Esculapio, in Rend. Acc. Licei, XXVI (1917, pp. 573-580.
Per le rappresentazioni artistiche di Esculapio v. specialmente Panofka, Askelepios u. d. Askelepiaden, in Abhandl. d. Preuss. Akad., 1846, pp. 53-57, tavv. III-VI; A. Löwy, De Aesculapii figura, Strasburgo 1887; Wieseler, Die bild. Darstellungen des jugendlichen und unbärtigen A., in Gött. Gel. Nachr., 1888, p. 134 segg.; H. Brunn, Griechische Götterideale, Monaco 1893, p. 96 segg.




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