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Curiosità |
Il Tempio di Asclepio si trova in Grecia, nel Peloponneso, esattamente a Epidauro.
E' stato progettato dall'architetto Teodoto in stile dorico.
L'inizio della costruzione risalte al 380 a.C. ed é stato completato nel 375 a.C.
Attualmente fa parte dei beni protetti dall'UNESCO.
Il tempio di Asclepio è, dunque, un tempio del IV secolo a.C. dedicato ad Asclepio presso il sito di Epidauro in Grecia.
Fu costruito nelle vicinanze dell'abaton (spazio sacro interno al tempio in cui non si poteva entrare, pena la lapidazione.
Nel santuario di Asclepio a Epidauro, l'abaton era lo spazio in cui i malati attendevano un miracolo guaritore), tra il 380 e il 375
a.C.
Era uno dei più piccoli peripteri dorici della Grecia, in marmo e tufo di Corinto, con undici colonne sui lati lunghi, sei sui lati minori e due
colonne in antis.
Si conservano le fondamenta e, nella cella a navata unica, resta visibile la base sulla quale doveva ergersi la statua criselefantina di culto, opera di
Trasimede, figlio di Arignoto di Paro (sec. IV a. C.).
Una fossa lungo la parete meridionale della cella ospitava probabilmente il tesoro di Asclepio.
Una lastra in calcare, recante le iscrizioni relative
alle spese di costruzione (I.G., IV², 102), riporta il nome di Teodoto quale architetto.
La ricca decorazione interna del tempio era opera di Trasimede di Paro che fu forse anche autore della statua di culto crisoelefantina con l'immagine
di Asclepio.
Quest'ultima, descritta da Pausania (Paus. II.27.2) come una figura seduta, affiancata da un cane e da un serpente, è stata riprodotta sulle
monete di Epidauro del IV secolo a.C. e su alcuni rilievi votivi, uno dei più fedeli conservato a Copenaghen (Ny Carlsberg Glyptotek 1425).
Il tempio aveva sculture frontali e posteriori e acroteri figurali. Questi, opera di maestri scultori dell'epoca, occupano una sala di rilievo nel
Museo Archeologico Nazionale di Atene.
Statua di una Nereide o Aura a cavallo in marmo pentelico.
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Era l'akroterion dell'angolo destro
sul frontone occidentale del tempio di Asclepio.
La dea è raffigurata a cavallo che sorge dall'oceano.
Dallo scultore Timotheos. Circa 380 aC.
Frontoni del tempio di Asclepio a Epidauro
L'autore delle sculture è sconosciuto, e le date di costruzione vanno dal 380 al 374 a.C.
Il materiale utilizzato è il marmo pentelico.
I frammenti superstiti sono ubicati attualmente presso il Museo di Epidauro e Museo archeologico nazionale di Atene, Epidauro e Atene e sono stati
riuniti da Nicholas Yalouris.
I frontoni del tempio di Asclepio a Epidauro costituiscono, insieme agli acroteri, la decorazione scultorea, in marmo pentelico, del piccolo tempio
eretto tra il 380 e il 375 a.C. nel principale santuario dedicato ad Asclepio, tra quelli della Grecia propria e delle colonie.
Malgrado la loro frammentarietà rappresentano il migliore esempio, quanto a conservazione, di sculture frontonali appartenenti al IV secolo a.C.,
e il momento culminante del manierismo postfidiaco, o stile ricco, nelle sue tendenze espressioniste.
Entrambi i frontoni si caratterizzano per una evidente drammaticità che si manifesta nelle composizioni intrecciate e nelle figure distorte, nei
movimenti spiraliformi e nelle pose di tre quarti che tendono alla creazione dello spazio tridimensionale intorno alle figure.
Frontone - Nike, acroterio centrale
del frontone occidentale del
tempio di Asclepio a Epidauro.
Atene, Museo archeologico nazionale 155
Storia
L'iscrizione su lastra calcarea, rinvenuta negli scavi del tempio da Panagiotes Cavvadias nel 1885, che enumera le spese di costruzione per
l'edificio (I.G. IV2 102), ha tramandato in parte i nomi degli scultori attivi alla decorazione dei frontoni e degli acroteri del tempio.
Timoteo risulta essere l'esecutore di non meglio specificati rilievi, se questo è il reale significato della parola typoi, la quale viene invece
interpretata da Nicholas Yalouris come "modelli", cioè bozzetti, indicando dunque una partecipazione più ampia di Timoteo alla progettazione della
decorazione scultorea del tempio.
È certo, in base al resoconto delle spese, che egli dovette eseguire gli acroteri che sormontavano uno dei due frontoni, che si ritiene più
frequentemente essere quello occidentale.
Il frontone orientale viene attribuito a Hektoridas, e i relativi acroteri a Teodoto, menzionato anche come architetto.
Ancora privo di autore resta il frontone occidentale, il cui nome potrebbe essere quello non più leggibile a causa di una lacuna sulla lastra.
Descrizione
Su ciascun frontone si distribuivano circa 20 figure, a rappresentare a ovest una animata Amazzonomachia, con un'amazzone centrale a cavallo
circondata da gruppi di figure, fino ai due guerrieri sdraiati negli angoli (Atene, 4747 e 4492), e a est una Ilioupersis con figure più grandi
rispetto a quelle presenti sul frontone opposto, ma di misura decrescente procedendo verso gli angoli, e la cui ricostruzione risulta maggiormente
problematica.
Gli acroteri del frontone occidentale erano costituiti da due Aure, probabilmente opere della bottega di Timoteo, e da una figura centrale di Nike
attribuita alla mano di Timoteo stesso.
Il frontone orientale era sormontato ai lati da due Nikai giunte in stato frammentario, e da un gruppo centrale costituito probabilmente da Apollo
(Atene, 4723) e Coronide, genitori di Asclepio.
Dal frontone occidentale,
gruppo centrale della Amazzonomachia.
Atene, Museo archeologico nazionale 136, 151, 158A e 4757.
Frontone occidentale
Nel frontone occidentale, quello sormontato dagli acroteri scolpiti da Timoteo, lo stile sembra aderire a quello diffuso nelle gigantomachie dipinte
sui vasi ateniesi intorno al 400 a.C., che presentano tratti simili nelle pose, negli scorci e nelle sovrapposizioni delle figure, si vedano ad
esempio la pelike del Museo archeologico nazionale di Atene 1333 e l'anfora del Louvre S1677.
Il trattamento morbido della superficie marmorea è affiancato al ritmo frantumato tipico dello stile ricco.
Le teste invece mantengono l'inespressività classica. Nella struttura dei corpi è rintracciabile quella tendenza alla posa di tre quarti e alla
torsione che si ritroverà nelle opere attribuite a Skopas; esemplari in questo senso sono le due figure sdraiate agli angoli del frontone e in
particolar modo la figura di destra, dove si evince lo stesso tipo di torsione che si ritrova nella Menade di Dresda.
Frontone orientale
Nel frontone orientale il trattamento del corpo sembra seguire più da vicino la rigida schematizzazione policletea e un ritmo più compatto nel
panneggio, il quale copre il corpo più che rivelarlo.
Tra le figure identificate vi sono una Cassandra che si aggrappa al Palladio (Atene, 4680 e 4681) e Neottolemo che afferra Priamo per i capelli.
L'espressione di terrore sul volto di quest'ultimo è un esempio dell'atteggiamento dello scultore verso l'espressione delle emozioni (Atene, 144).
Il Tholos di Epidauro
Il Thyemele o Tholos, è l'edificio più enigmatico del complesso cultuale di Epidauro; si tratta di un edificio circolare formato da mura
concentriche, labirintiche, la cui funzione è ancora poco chiara.
La tesi più accreditata è che qui si tenessero i serpenti sacri.
Presentava decorazioni esterne ed interne di notevole importanza e, nel centro, si trovava l'altare del dio Dioniso.
Il suo architetto fu lo stesso del teatro, Policleto.
Il santuario di Asclepio ad Atene
Il santuario di Asclepio o Asclepieion (asklepieion) era un tempio costruito intorno al
420 a.C. sulle pendici meridionali dell'Acropoli di Atene, sotto il Partenone e subito dietro alla Stoà di Eumene e al teatro di Dioniso.
Intitolato ad Asclepio, il dio della medicina il cui culto era stato portato ad Atene da Epidauro dopo il 420 a.C., il santuario era dedicato
alla guarigione dei malati (aveva anche funzioni di ospedale).
Il santuario possedeva un recinto quadrato, un tempio e una stoà dorica di 50 metri di lunghezza a doppia galleria separata da una fila di
colonne, costruita nel IV secolo a.C.
Nel portico si affaccia una grotta (attualmente riadattata a cappella cristiana) dotata di una sorgente tuttora ritenuta curativa.
Il nucleo dell'Asclepeion (la stoà e il tempio) vennero inglobati in una basilica paleocristiana.
Iconografia e architettura dedicata a Asclepio
L'arte antica lo rappresenta giovane e imberbe. Questa tradizione seguì anche Calamide, che per Sicione lavorò una statua
criselefantina del dio a Sicione, appunto rappresentato senza barba e con lo scettro in una mano, nell'altra un frutto di pino. Ma dal sec. V il tipo più
diffuso, che doveva diventare classico, fu quello che raffigurò Esculapio d'età matura e barbato.
Non si può asserire con certezza che fu proprio l'arte ateniese a creare questo tipo. Vi contribuì certo la fantasia popolare, che non amò più
concepire Esculapio al banchetto degli dei nell'Olimpo, ma lo vide piuttosto al capezzale dei malati, premuroso e consacrato a curare le pene
dell'umanità.
Mirone, Fidia, Policleto lavorarono statue del dio, a noi non pervenute, ma dei tipi rappresentati dai primi due, almeno, possiamo farci
un'idea da monumenti che si ritengono loro derivazioni.
Il primo aveva rappresentato Esculapio con una lunga barba, col volto incorniciato da semplici riccioli, soffuso di una mitezza, di una benevolenza
amichevole, che se non è direttamente ispirata da un sentimento di pietà per gli uomini doloranti, è l'espressione della cura, che egli
prodigava all'animale sacro, al serpe, a cui dà il cibo. Le presunte copie della statua fidiaca dànno al volto del dio un'espressione tranquilla
o una certa severità del capo piegato verso sinistra.
Interessante, sì che a questa s'ispirarono moltissimi artisti posteriori, fu la statua criselefantina elevata a Epidauro in suo onore, opera di
Trasimede, figlio di Arignoto di Paro (sec. IV a. C.).
Ce ne resta la descrizione di Pausania (II, 27, 2). Le copie che più si avvicinano all'originale della statua le abbiamo nel verso di alcune
monete d'argento di Epidauro del sec. IV a. C. e in due grandi bassorilievi votivi in marmo trovati negli scavi del santuario.
Il tipo dell'Esculapio di Epidauro richiama inevitabilmente quello del Zeus di Olimpia.
In generale si può dire che in molte rappresentazioni Esculapio si confonderebbe con Zeus, se i tratti del volto del dio della medicina non fossero più
dolci ed egli non avesse quegli emblemi che gli sono proprî. Ma nel sec. IV l'arte lo rappresenta avvivato di speciale pathos.
Nei rilievi appare appunto pieno di compassione per gli uomini, che cercano il suo aiuto o lo ringraziano per averlo ricevuto.
Nel periodo ellenistico celebre fu la statua di Piromaco ateniese per l'Asclepieo di Pergamo, che fu portata via da Prusia II nel 156, come
bottino di guerra. Il tipo fu ricostruito da monete di Traiano, Caracalla, ecc.; ma non ha caratteristiche originali e speciali.
La barba, i capelli ricciuti, il himation che copre parte della persona, il bastone a cui si avvolge il serpente sono elementi comuni a opere
precedenti. Tipi nuovi non furono creati nell'epoca ellenistica e romana.