"Maestre d'amore" di Nadia Fusini
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"MAESTRE D'AMORE"Giulietta, Ofelia, Desdemona e le altre Autrice Nadia Fusini 18,05 invece di 19,00 euro |
Questo libro è una danza.
Danzano una danza d'amore i personaggi di Shakespeare, danzano la filologia e la scrittura con gli affreschi di una Londra early modern
pennellata con felicità ed esattezza, danzano le parole con i giochi delle parole, danza il lettore, che entra ed esce nelle tragedie e nelle commedie di
Shakespeare come fossero scene della vita, anche se è consapevole nello stesso istante di vivere la gioia della letteratura, senza sosta dentro e fuori dagli
intrecci e dalle trame per vedere che ne fa la letteratura della vita. «La donna è l'ora della verità per un uomo; non c'è niente di più vero.
Scrivo questo libro per dimostrare la verità di tali parole», dice Nadia Fusini al lettore e alla lettrice, chiamati in causa spessissimo nelle pagine con
domande che sono inviti alla danza della conversazione: «... del resto non è forse vero che in amore siamo tutti attori? Tra gli amanti chi riceve di più?
Chi spende di meno? In amore, non è osservabile il paradosso secondo il quale chi più dà, non diventa più povero? ...
Che il godimento sessuale in sé e per sé non crei un rapporto con l'altro, lo sanno bene Antonio e Cleopatra. Non è proprio qui la tristezza del coito?»
Questo è un libro sull'amore prima ancora che un libro sulla letteratura, e Giulietta, Ofelia, Desdemona, Cleopatra, la Bisbetica, perfino Jill e Jack,
ci raccontano quale fu l'«immensa novità» con cui Shakespeare, la mente e il corpo di Shakespeare, pensarono il femminile e il maschile all'inizio dell'epoca moderna.
Forse aiutati in parte dal fatto che a teatro i ruoli femminili dovessero essere interpretati da giovani attori, forse per l'usanza del cross-dressing che imperversava
nella Londra dell'epoca, la mente e il corpo di Shakespeare ci parlano di un corpo d'amore che non è «né femmina, né maschio, ma femmina e maschio insieme»,
ci dicono che «per vivere, che è la stessa cosa che amare, bisogna disobbedire», che le donne vivono «l'avventura eroica di amare in una concezione paritaria
della differenza». Ci parlano insomma dell'« ambiguità scandalosa dell'amore».
E alla fine di tanto eros, al lettore sembra di scoprire di nuovo a che cosa serva per davvero la letteratura: non a imparare a vivere, ma a vivere.
Una questione di etica.